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Giubileo della Speranza Roma 2025
La prima foto di questo bellissimo pellegrinaggio per il Giubileo 2025 che auguriamo fruttuoso per tutti noi

Riportiamo importanti cenne storici che ci riguardano relativamente al pellegrinaggio verso il Santuario della Beata Vergine di San Luca grazie infinite a Mirco per la sua brillante ed esauriente esposizione che riporto testualmente ora:
Unità Pastorale di San Vitale fuori le mura Bologna

Sant’Antonio di Savena
Pellegrinaggio giubilare alla Basilica di San Luca 25-10-2025
Cenni storici ed artistici
Via San Vitale
L’ antica via Salaria, che collegava Ravenna con Bologna, era così chiamata, perché il sale prodotto sulla costa adriatica arrivava da noi percorrendo questa strada. La via Salaria prese in seguito il nome di via San Vitale per la venerazione ed il grande culto di questo Santo sia a Ravenna che a Bologna. Il Cristianesimo diffondendosi lungo questa direttrice, da Ravenna arrivò nella nostra città. Qui, sul finire III secolo, iniziò a svilupparsi la prima comunità cristiana e non tardarono a presentarsi testimonianze della fede in Cristo Gesù da parte di persone perseguitate e martirizzate: come per esempio i protomartiri Vitale ed Agricola. La via San Vitale è la via del pellegrinaggio del cristianesimo verso la nostra città ed è anche la strada nei cui pressi sorgono le Chiese della nostra Unità Pastorale: San Giacomo della Croce del Biacco, Santa Rita e Sant’Antonio di Savena.
Santi Vitale e Agricola
I Santi Vitale ed Agricola sono protomartiri bolognesi uniti dalla comune fede in Gesù Cristo. Vitale era schiavo di Agricola ed hanno vissuto, tra la fine del III e inizio del IV secolo, a Bologna sotto la giurisdizione dell’impero romano. Essendo cristiani furono condannati a morte per non abiurare la propria fede, probabilmente durante le persecuzioni di Diocleziano. Vitale fu torturato ferocemente sotto gli occhi di Agricola per indurlo a ripudiare la fede in Cristo. Vitale morì invocando Gesù ed in seguito Agricola, che non rinnegò il Signore, fu martirizzato per crocifissione. Sul loro sangue, e su quello di altri martiri (es. San Procolo) si cementò nella vera fede, la comunità cristiana bolognese. Sant’ Ambrogio identificò le loro spoglie nel cimitero ebraico di bologna; le reliquie furono in parte portate anche a Milano e suddivise in molte chiese italiane ed europee. Alcune importanti reliquie di questi nostri Santi si trovano oggi anche in San Vitale ed Agricola, nella Basilica di Santo Stefano e nella cripta della Cattedrale a Bologna.
Chiesa di San Giacomo della Croce del Biacco
La comunità parrocchiale è molto antica: esisteva già nel 1271 essendo riportata nell’elenco bolognese redatto in tale anno e quindi sicuramente esistente già da tempo. Inoltre il toponimo Biacco non è di derivazione latina, ma longobarda e deriva probabilmente da Blahha che significa campo incolto, latinizzato in Blaca col significato di campo piantato a querce o castagni. Tutto ciò fa pensare che il nome questa località possa risalire al periodo successivo alla conquista di Bologna da parte Longobardi di Liutprando nel 727, a danno dell’Esarcato di Ravenna. La chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo Maggiore, che possiamo vedere oggi, ha il nucleo più antico nella zona absidale ed immediatamente innanzi all’altare maggiore, che risale al XIV secolo; il complesso subì un ampliamento della lunghezza dell’unica navata (con anche la costruzione dei due altari laterali) nel XVII secolo e la sopraelevazione, nel XVIII secolo, dell’antico campanile romanico. All’interno troviamo opere della seconda metà del ‘600 di scuola bolognese. Anticamente, per molti secoli, questa chiesa era soggetta al giuspatronato delle monache benedettine nere dei Santi Vitale e Agricola.
Chiesa di Santa Rita
La Parrocchia di Santa Rita nacque nel 1953 su proposta dell’allora Parroco di Sant’ Antonio di Savena ai Padri Agostiniani, perché la sua Parrocchia stava crescendo molto dal punto di vista numerico e diventava arduo svolgere un buon apostolato verso tutti i fedeli. Una parte del territorio fu ceduta in modo di poter costituire una nuova Parrocchia, che gli Agostiniani vollero dedicata a Santa Rita da Cascia. Nel giorno di Pasqua del 1953 si iniziarono ad officiare le Sante Messe in un garage debitamente allestito, che costituì la prima Chiesa. In seguito fu costruita una chiesetta provvisoria. Tra il ’55 ed il ’56 venne edificato il Monastero, la Cappellina e le opere parrocchiali; nel 1966 fu completata l’edificazione della nuova Chiesa e nel ’69 demolita la chiesetta provvisoria. Nel 2013, la cura pastorale della Parrocchia da parte dei Padri Agostiniani ha avuto termine, ed essa è stata affidata ai sacerdoti della Diocesi di Bologna. Santa Rita è la Parrocchia più giovane fra le tre dell’unità pastorale, ma è la più grande come numero di anime.
Chiesa di Sant’ Antonio di Savena
Nel 1203 fu fondata la Chiesa di Sant’ Antonio nei pressi del fiume Savena che allora scorreva molto più vicino alla città rispetto ad oggi. La Chiesa fu edificata ad opera di un laico che, assieme ad altri, si diede alla vita spirituale. Vennero in seguito costruiti: un ponte per attraversare il fiume (su cui passava la via San Vitale) ed un ospitale per i pellegrini. A metà del ‘200 la Chiesa venne eretta alla dignità di Parrocchia. La Parrocchia di Sant’ Antonio di Savena, da Chiesa del suburbio, passò, nei primi del ‘900, a Parrocchia dell’urbe. L’edificio in stile romanico, ha le stesse dimensioni originali; nel ‘400 furono rifatti: la facciata, il portico e l’attuale possente torre campanaria in stile tardo gotico. Nella seconda metà del ‘500 vennero aperte le 4 cappelle laterali e nel 1584 il Cardinal Paleotti consacrò il nuovo altare maggiore. Sul portale del ‘400, a destra sotto il portico, una lapide ricorda l’antico possesso del Capitolo della Cattedrale su questa Chiesa; un’altra lapide ricorda che nel 1257, a seguito di un lascito, qui venne istituito il primo collegio per gli studenti ultramontani dell’ Alma Mater Studiorum. Pregevoli sono le opere d’arte custodite all’interno di questa Chiesa che vanno dal ‘600 in avanti: sia di scuola bolognese, che di artisti rinomati come il Piò.
Chiesa dei Santi Vitale e Agricola
La Chiesa si ritiene edificata sui resti dell’arena romana dove, secondo la tradizione, furono martirizzati i due protomartiri bolognesi Vitale e Agricola. Le spoglie di questi santi furono identificate da Sant’Ambrogio durante la visita compiuta a Bologna nel 393. La Chiesa fu ricostruita nel XVI secolo dalle Monache Benedettine Nere. All’ interno si trova la bellissima Cappella rinascimentale di Santa Maria degli Angeli: il frontale, incorniciato di fregi, è attribuito al Francia: al centro c’era la Madonna del Divino amore del senese Sano di Pietro che, rubata nel 1972, ora è sostituita da una modesta copia. Grandi i nomi degli artisti che hanno adornato questa Chiesa con dei capolavori: Tiarini, Piò, Francia, Nadi, Busi che ha dipinto l’ancona dell’altare maggiore col martirio dei due protomartiri, Tibaldi, Laureti. Stupenda è la cripta: edificio sorto in epoca paleocristiana fu una delle prime Chiese sotterranee. Nel 1249 questa Chiesa era già Parrocchia. Le Monache Benedettine Nere, ressero questa Chiesa ed il Monastero annesso fino alla requisizione napoleonica ed il conseguente esilio, per poi non tornare più nella nostra città.
Basilica di Santo Stefano o delle sette Chiese
Il complesso delle 7 Chiese è la culla ed il cuore della Chiesa Bolognese. Abbiamo la Chiesa del Crocefisso in antico dedicata a san Giovanni Battista, che risale all’epoca longobarda (VIII sec.). L’edificio ha subito molte trasformazioni lungo la storia: arricchito della cripta nell’XI sec. e, composto originariamente da due ambienti separati, è stato ulteriormente sopraelevato nella zona del presbiterio nel Seicento e molto rimaneggiato nei secoli successivi. Sotto il presbiterio si trova la Cripta: questo spazio è stato voluto dall’abate Martino verso il 1020 per proteggere e salvaguardare le reliquie dei protomartiri bolognesi (i Santi Vitale e Agricola), custodite nell’urna dorata sopra l’altare; è un tipico esempio di architettura romanica nella sua forma a cinque piccole navate divise da colonnine di diversa fattura con capitelli misti. Sulla destra c’è una colonna diversa da tutte le altre, composta da due tronchi di marmo: secondo un’antica tradizione sarebbe stata portata dal vescovo Petronio da Gerusalemme e indicherebbe l’altezza di Gesù. Basilica del Santo Sepolcro: la tradizione vuole che Petronio, Vescovo di Bologna nella prima metà del V sec., costruisse in questo luogo una copia della grandiosa Basilica che l’imperatore Costantino aveva edificato a Gerusalemme sopra il luogo della crocifissione e sepoltura di Cristo; la “Rotonda” o Anastasis, che custodisce l’edicola della tomba vuota di Cristo, diventa il cuore di tutto l’edificio. L’edicola al centro dell’edificio contiene al suo interno la copia del Santo Sepolcro, luogo dove fu deposto Gesù prima della risurrezione; è stata realizzata nell’XI sec. a partire dalle testimonianze dei Crociati di ritorno da Gerusalemme. Basilica dei Santi Vitale e Agricola questa Chiesa è dedicata ai protomartiri di Bologna, vittime della persecuzione ai tempi di Diocleziano (303-305 d.C.). I loro corpi vennero ritrovati presso un’area cimiteriale qui a fianco alla presenza dall’arcivescovo di Milano Ambrogio nel 393 e posti in due semplici sarcofagi. Probabilmente il vescovo Petronio nel V secolo volle dedicare loro un piccolo luogo di culto proprio accanto all’edificio del Santo Sepolcro. In epoca longobarda vennero realizzati i due sarcofagi (ora collocati nelle absidi laterali) nei quali spiccano animali dal forte valore simbolico quali: il cervo, il leone e i pavoni. Sulla facciata esterna si trova una formella (copia di quella originale) con al centro la figura di Cristo benedicente, su un lato san Vitale con la mano destra alzata in segno di testimonianza e al lato opposto sant’Agricola che si sostiene con la destra la mano della testimonianza.
Porta Saragozza
Porta Saragozza, uno dei simboli di Bologna, è molto più di una semplice porta. È un vero e proprio portale che ci trasporta indietro nel tempo, raccontandoci storie di antiche mura e di processioni solenni. Nata nel XIII secolo come parte della terza cinta muraria, Porta Saragozza ha subito numerosi cambiamenti nel corso dei secoli. Nel 1334, venne dotata di un ponte levatoio, ma fu solo nel 1674 che acquistò un’importanza particolare. Con la costruzione del lungo portico che la collegava al Santuario della Madonna di San Luca, divenne il punto di raccordo fra la città ed il Santuario di San Luca nelle solenni processioni in onore della Beata Vergine. L’aspetto della porta, così come appare oggi, è frutto di una radicale trasformazione avvenuta a metà ‘800 nella quale essa si è arricchita di torrioni cilindrici e di un nuovo cassero centrale, diventando un vero e proprio monumento. Qui l’Arcivescovo di Bologna attende l’immagine della Madonna di San Luca per accoglierla in città. Poco prima della porta, l’immagine viene posta sotto il suo baldacchino processionale, che il popolo bolognese Le offre come segno di profonda devozione ed anche per accoglierla e ripararla nel tragitto entro le mura fino in Cattedrale.
Il Portico di San Luca e l’Arco del Meloncello
Il Portico di San Luca è unico al mondo, collega la città di Bologna al Santuario della Beata Vergine di San Luca con un percorso che alcuni contano in 666 arcate. Nasce per rendere possibili le processioni devozionali in occasione della discesa e della salita della sacra immagine della Madonna di San Luca tra la città e la Basilica. La venerata immagine scende dal Santuario, portata a spalla, sotto il portico che la protegge sia dalla eventuale pioggia sia dal sole; essa esce dal portico prima di raggiungere i viali per essere portata, sotto al suo baldacchino rosso, fino a porta Saragozza per l’ingresso in città. Qui l’Arcivescovo l’ accoglie, la incensa ed impartisce la prima benedizione al popolo bolognese. L’inizio della costruzione del tratto di pianura del portico risale al 1674 per concludersi, un secolo dopo, con le ultime opere relative al Santuario che è posto in posizione strategica sul Monte della Guardia. Il percorso porticato nel suo insieme si snoda per circa 3600 metri. La prima parte è in piano e, dall’Arco Bonaccorsi, segue via Saragozza per circa un chilometro e mezzo. All’altezza della centosettantesima arcata di portico, in una nicchia, è collocata la statua che, per le forme generose, dai bolognesi è soprannominata Madonna Grassa, opera dello scultore Andrea Ferreri inizio ‘700. All’altezza di piazza della Pace, poi, il portico attraversa la strada con un sovrappasso, ardito per i tempi e molto scenografico: l’Arco del Meloncello (1718).
Santuario della beata Vergine di San Luca
Fin dal 1100 d. C. alcune fonti parlano di un eremo situato su questo Colle, nel quale si era stabilito un eremita che era giunto da Costantinopoli portando con sé una tavola di cedro sulla quale era dipinta un’immagine della Vergine in stile bizantino antico. Nel 1149 l’eremo passò a due sorelle, Azzolina e Bice. Le due sorelle furono raggiunte da altre giovani donne che desideravano vivere una vita in preghiera. Nel 1741 con il consenso del Comune di Bologna e di molti devoti benefattori, iniziarono i lavori di costruzione del Santuario nelle forme in cui lo vediamo oggi su disegno di Carlo Francesco Dotti. I lavori erano pressoché terminati e nel 1757 quando si gettarono le fondamenta della facciata con le tribune laterali. L’edificio, a pianta circolare con brevi bracci a croce greca, ha una sola navata e l’effetto grandioso complessivo è dato dal grande tamburo che sorregge una cupola maestosa. I dipinti all’interno sono della Scuola seicentesca bolognese e sono opere di eccellenti artisti come Guido Reni, il quale dipinse una meravigliosa Madonna del Rosario situata nella terza cappella di destra, ma anche il Bigari, Giovanni Viani, Nicola Bertoni e altri notevoli artisti locali. Le sculture sono opera di Angelo Pió e del Cometti, di quest’ultimo sono infatti le due belle statue di San Luca e di San Marco ai lati del portale d’ingresso. L’altare maggiore fu eretto nel 1815 su disegno di Venturoli: prezioso e riccamente decorato di marmi e bronzi. Dietro al presbiterio si accede con una scala a una tribuna nella quale, entro una nicchia, è custodita la preziosa icona bizantina. L’immagine sacra è meta di pellegrinaggio non solo per i devoti bolognesi, che dal centro città raggiungono il Santuario seguendo il lungo portico, ma anche per pellegrini che giungono dalla regione e in generale da tutto il territorio nazionale. La leggenda riguardante l’arrivo dell’icona raffigurante una Madonna col Bambino è raccontata tardivamente nella cronaca di Graziolo Accarisi, giureconsulto bolognese del XV secolo. Essa narra di Teocle un pellegrino-eremita greco che, in pellegrinaggio a Costantinopoli, avrebbe ricevuto dai sacerdoti della basilica di Santa Sofia il dipinto, attribuito a Luca evangelista, affinché lo portasse sul “monte della Guardia”, così come era indicato in un’iscrizione sul dipinto stesso. Così l’eremita si incamminò in Italia alla ricerca del colle della Guardia e solo a Roma seppe, dal senatore bolognese Pascipovero, che tale monte si trovava nei pressi di Bologna. Arrivato quindi nella città emiliana, fu accolto dalle autorità cittadine e la tavola della Madonna col Bambino venne portata in processione sul monte della guardia, ove risiede sino ad oggi. A Lei la Chiesa di Bologna attribuisce il titolo di “Praesidium et decus civitatis” (Protezione ed onore della città).





